Il ponte del transatlico Le Normandie, 1935.
Illustrazione di Paul Iribe per la brochure pubblicitaria di presentazione della nave.
Collezione Kharbine-Tapabor.
«In questa immensa ansietà, una sola tregua: il viaggio e soprattutto la crociera. Non dite: «Non abbandoneremo le nostre preoccupazioni alla dogana come un bagaglio indesiderato, poiché la radio, le lettere ci riporteranno alla nostra atmosfera di ogni giorno” … Niente di più falso. Vi è nell’orizzonte senza limiti del mare, nella maestosità delle coste nordiche, nell’immobile voluttà dei paesi caldi, un potere di calma e oblio al quale non si resiste1” annuncia Femina nel 1938. Il viaggio come baluardo contro l’ansia, sospensione del tempo presente, orchestrazione del ripiegamento: tali sono le promesse delle pubblicità e degli articoli consacrati alla promozione dei viaggi in transatlantico negli anni ‘30. Tra le due guerre, la moda delle crociere è in pieno sviluppo. Niente di meglio che partire per l’altro capo del mondo: l’estate a Spitsbergen e l’inverno in America centrale, per costruire la «propria cartografia mentale dell’evitamento2. “A bordo dei transatlantici di gran lusso, il personale fa a gara d’immaginazione affinché i passeggeri si divertano, si rilassino e dimentichino... che sono in mare, luogo colmo di pericoli.
Se la crociera oggi evoca la scoperta e la mondanità, il primo significato del termine è militare. Nel XVII secolo, la «crociera» faceva riferimento a una distesa di mare che i vascelli da guerra pattugliavano per garantire la sicurezza marittima. Bisogna aspettare il XIX secolo perché il trasporto dei passeggeri si sviluppi. Nel 1864, dopo aver stabilito una rotta tra Saint-Nazaire e Vera Cruz, i fratelli Pereire, fondatori della Compagnie Générale Transatlantique («La Transat»), inaugurano la rotta Le Havre-New York per il servizio postale con il Washington, piroscafo a ruote costruito in Scozia. La compagnia britannica rivale, la Cunard Line3, è già in attività da vent’anni sulla rotta Liverpool-Halifax, in Canada. Nel 1866, il transatlantico Washington raggiunge New York dopo 13 giorni di navigazione. Gli emigranti, imbarcati a prezzi ridotti in terza classe, costituiscono la maggioranza dei 300 passeggeri. Le condizioni di viaggio non sono idilliache: il naufragio è sempre una minaccia. Ma le traversate sono tuttavia sempre più veloci. Nel 1872, Adriatic della White Star – un’altra compagnia rivale di La Transat – ottiene il Nastro Azzurro per il suo record di attraversamento dell’Atlantico in 7 giorni e 23 ore.
Le rotte transatlantiche si aggiudicano la clientela più numerosa e i transatlantici più lussuosi, ma molto presto si assiste alla nascita di una miscellanea di destinazioni esotiche, persino polari. Ogni compagnia voleva essere la vetrina di un savoir-faire tecnico e di un savoir-vivre. La Francia è sostenitrice di un lusso assoluto, prima che il trasporto aereo non si generalizzi. Parallelamente a questa industria del comfort e del lusso che si sviluppa a bordo, la vita dei croceristi è disciplinata da severi codici di abbigliamento. Nel senso che, negli anni ‘20, i completi destinati al viaggio si organizzano in collezioni o linee specializzate, contemporaneamente alla nascita di «collezioni inter-stagionali» o «collezioni di mezza stagione» – oggi chiamate «pre-collezioni». Presupposto delle collezioni da crociera attuali, queste linee metà sportswear, metà estive, e anche in stile urbano in caso di scali numerosi, annunciano la nascita del prêt-à-porter presentando modelli più facili da confezionare. Nel 1927, Jeanne Lanvin apre sette succursali a Biarritz, Deauville, Le Touquet, Cannes, Madrid, Barcellona e Buenos Aires e, un anno dopo, Jean Patou lancia la sua linea «Sport e Viaggio». A bordo dei transatlantici, le signore eleganti cambiano d’abito più volte al giorno. Così, le riviste dell’epoca moltiplicano i consigli per preparare il «corredo per andare in crociera4». Anche se il guardaroba si alleggerisce, il baule armadio è molto in voga e il settore della valigeria esplode all’inizio del secolo così come quello dei prodotti derivati. Nel 1935, Jean Patou lancia il suo profumo Normandie con un flacone disegnato da Louis Süe, che riproduce il profilo del transatlantico, realizzato in soli 500 esemplari e offerto ai passeggeri di prima classe durante la traversata inaugurale dell’omonimo transatlantico. Con lo sviluppo dell’aviazione e l’avvento del prêt-à-porter, le linee dedicate al viaggio cadono progressivamente in disuso per rinascere negli anni ‘80 ed esplodere negli anni ‘90, in un momento in cui paradossalmente le crociere, diventate molto popolari, sono considerate volgari. Yves Saint Laurent nel 1983 lancia la sua linea «Variation», destinata al mercato americano, una moda casual ispirata all’universo della crociera, più abbordabile di «Rive Gauche».
La stessa espressione «collezione crociera» appare soltanto negli anni ‘90 nel lessico ufficiale del settore (cruise collection, in inglese). Così, bisognerà aspettare quasi un secolo prima che il termine sia esplicitamente adottato dalle case di moda. Ma, si tratta di un “falso amico” poiché non è più una questione di navi o di mare5, ma di evasione. Nel mese di maggio, un periodo calmo, tra la Fashion Week di marzo e la settimana dell’alta moda parigina di luglio, le sfilate crociera si moltiplicano in ogni parte del mondo. Oggi l’industria del lusso definisce il ritmo delle sue collezioni su quello della fast-fashion. Vero e proprio business, le collezioni crociera sono quelle che restano più a lungo nelle boutique.
IL PIGIAMA: LA DIVISA DELLE CROCIERE
Dal pigiama da notte al pigiama da spiaggia
All’inizio del XX secolo, non si segnala nessuna tenuta da crociera o da diporto particolare, le donne preparano il loro corredo da viaggio pescando qua e là nell’offerta esistente degli stilisti. «Una delle gioie di Trouville è lo yacht; la vita a bordo di questi gioiellini verniciati, che ondeggiano al ritmo delle onde. Sono in molte a gettarvi l’ancora per la stagione. […] Lo yachting non ha bisogno di abiti speciali. Per la crociera o un lungo viaggio si indossano abiti lingerie, in mussolina o in tulle, e ci si avvolge in grandi cappotti di pelliccia o in tessuto di lana» si legge nella rivista Modes nel 19086. Ma le regole di abbigliamento cambiano rapidamente. Negli anni ‘10, la moda degli sport nautici è al suo culmine: le réclame7 promuovono la pratica della navigazione di piccole navi da crociera sulla Côte d’Azur – espressione creata nel 1887 dallo scrittore Stéphen Liégeard8 – e la costa della Normandia. Nel 1913 Gabrielle Chanel apre la sua boutique a Deauville e lancia lo sportswear. La sua linea di vestiti in jersey rivoluziona il rapporto che le donne hanno con il proprio corpo e il loro modo di vivere. Due anni dopo, la stilista apre la sua casa di moda a Biarritz. Dal 1918, Jeanne Lanvin propone degli abiti creati appositamente per le città balneari come Cannes, Biarritz o Nizza, con mise adatte a questi scali, per una clientela desiderosa di distinguersi: modelli soprattutto da giorno (completi in jersey, lana, cotone) ma anche abiti da cocktail (vestiti e soprabiti da sera)9. I guardaroba iniziano ad alleggerirsi. Ma è solo alla fine degli anni venti che appare la futura divisa delle crociere: il pigiama da spiaggia. Comodo ed elegante, lascia una grande libertà di movimento. L’immaginario è tanto più forte dal momento che il termine stesso evoca lontane contrade. «Pigiama» viene da «pâê-jama», che in lingua indostana significa «vestito per le gambe». In india si portava con una lunga tunica tradizionale chiamata «kurta». Vestito orientale da giorno, viene esportato dai coloni britannici nel XIX secolo e adottato dalle classi agiate come sostituto esotico delle tradizionali camicie da notte. «È incontestabile che il pigiama provenga dalle Indie dove qualche ufficiale incline alla melanconia e alla moda lo adottò10» scrive Les Modes de la femme de France nel 1922 a proposito delle origini dell’indumento. Il giornale descrive una «fantasia stravagante cara a qualche anglofilo maniaco appassionato di esotismo…11» che evoca il «dolce far niente», la «nonchalance». «Gli inglesi prendono in considerazione il pigiama soprattutto come mise da notte; il loro amore del comfort adora questo coricarsi sportivo12», prosegue la rivista, indicando che è solo qualche anno dopo che il pigiama «ha attraversato il Canale per mostrarsi a Parigi», dove resta appannaggio esclusivo degli uomini fino agli anni ‹10. A quel tempo, il pigiama da notte (o da casa, non ancora da spiaggia) suscita le più vivaci inquietudini sulle riviste femminili. Nel 1913, La vie Parisienne lancia l’allarme: «si fa molto rumore su un nuovo capriccio della moda femminile: le nostre signore eleganti sarebbero sul punto di adottare il pigiama maschile come completo da casa. Di grazia, signore, non fatelo!»13La rivista promuove l’uso di lingerie leggera: «il pigiama è un’importazione inglese, le Parigine rifiuteranno questa moda inopportuna, poiché non sono femministe alla maniera delle suffragette che, disprezzando gli uomini, hanno un unico fine: imitarli in tutto». Il pigiama da casa diventa a malapena più femminile. All’inizio degli anni venti, si comincia ad accettare questa nuova «fantasia»: «Questo modo di portare i pantaloni sembra un amabile simbolo dell’uguaglianza tra i sessi. Aggiungete a questa austera considerazione un piccolo piacere di spavalderia, di leggera voglia di scandalizzare i benpensanti. Ma ecco che non li scandalizza più! Il pigiama diventa classico […] E per di più, gli uomini rispondono alle nostre provocazioni resuscitando la cara vecchia giacca da camera di Joseph Prudhomme.»14 È alla fine del decennio che questo capo controverso del vestiario femminile fa la sua apparizione sulle spiagge e sui ponti dei transatlantici.
Lista di passeggeri, 1925.
Copertina della lista dei passeggeri per un viaggio della Compagnie Générale Transatlantique.
Collezione Kharbine-Tapabor.
«Pyjamapolis»
È sulla sabbia del Lido15 che avrebbe fatto i suoi primi passi per poi essere promosso come «la fantasia più popolare tra le donne» sulla Riviera. Nel 1931, Juan-les-Pins è soprannominata «Pyjamapolis» da L’Illustration: «Juan-les-Pins è diventata il regno del pigiama, che meriterebbe, se questa attraente località mediterranea possedesse un blasone, di figurarvi come emblema16. “Restare in riva al mare in costume da bagno quando non si fa il bagno è percepito come un atteggiamento provocante; restare distesa sulla spiaggia in tenuta da passeggiata o da casinò, è «costoso, inutile e vano17». Da cui, la scelta di una formula mista che rispetta il pudore, concilia la ragione con l’economia e l’economia con la distinzione. Il pigiama da spiaggia – compromesso tra vestito e costume – si può leggere dalla penna di Coline nel 1930 in La Femme de France, è composto da «una camicetta, un pantalone lungo, per non dire a strascico, e una giacca lunga o al contrario senza giacca». Pertanto, la giornalista non è ancora convinta di questa nuova tendenza e prende in giro allegramente quelle che l’hanno adottata, «dirigendosi verso il mare con i loro lunghi corpi senza spessore, somigliano a un esercito di remi a pois contagiato dalla malattia collettiva del suicidio18. «A Pyjamapolis si ritrova il bel mondo parigino cosmopolita che «dorme in pigiama, pranza e cena in pigiama, balla in pigiama e pensa in pigiama».19 Ma attenzione, «qualsiasi eccesso di femminilità che ricordasse il boudoir è vietato sulla spiaggia20». Il crespo di Cina o il raso sono riservati alla casa. I pigiami da spiaggia sono invece in tessuto di lana o di cotone, ideale per la passeggiata sul ponte del transatlantico o i giri in yacht.
«Terzo sesso»
Tale concetto appare sulle riveste degli anni ‘30: «Si tratta di terzo sesso, perché dopo che una donna ha indossato un pigiama da spiaggia non ha più esattamente l’aspetto di una ragazza, ma neanche quello di un ragazzo. Ognuno vi trova il proprio tornaconto nella misura in cui l’aspetto maschile del pigiama, ovvero il suo taglio deciso e semplice, assicura un senso di decenza e di comodità, mentre l’aspetto femminile, ovvero la qualità del tessuto, i suoi motivi graziosi e i colori vivaci, dona una certa grazia alla civetteria necessaria per qualsiasi mise feminile.”21 La moda del pigiama da spiaggia è un autentico terremoto e tutti gli stilisti del tempo ne propongono la loro versione: Jenny, Jane Régny, Marcelle Dormoy, Gabrielle Chanel, Jean Patou, Marcel Rochas o Vera Borea. Fluidi, lunghi, a volte a sbuffo e stretti alla caviglia da una fila di bottoni, fanno a gara di originalità. Ma la loro eleganza dipende dalla purezza della linea: più sono rigorosi e maschili, più sono eleganti. Nel 1929, Jean Patou lancia il suo profumo Sien, con il seguente sottotitolo pubblicitario: «Profumo maschile per la donna “sportiva”». In una delle pubblicità della casa di moda, si può persino leggere: «Alla donna moderna libera d’agire e di pensare si addice un profumo maschile. […] Un profumo di autentico cameratismo, di cordiale uguaglianza: l’uomo e la donna da adesso appartengono alla stessa squadra per giocare la partita della vita». «Sien» è il primo profumo unisex della storia della profumeria, simbolo dell’avvento dello sportswear, l’incontro tra maschile e femminile, come se nell’ambiente spazio-temporale della crociera tali interferenze fossero possibili.
I PIACERI DELLA CROCIERA
Sport e viaggio
A bordo, le signore eleganti si divertono un mondo. «Ecco la felice stagione delle vacanze, quando la scelta della mise è illimitata22 “scrive il supplemento di La Mode du jour. Un mix di sportswear e tenute da crociera: nel 1923 Jeanne Lanvin apre il suo reparto «Sport» con una moda sportiva e abiti detti da giorno e Jean Patou lo segue nel 1928 creando la sua linea «Sport e Viaggio», che include completi sportivi, vestiti da spiaggia e da casinò..., completamente indipendente dai modelli di alta moda. Già nel 1925, lo stilista realizzava capi sportivi tecnici e per il tempo libero dallo stile casual che vendeva al piano terra della sua casa di moda parigina, in un reparto battezzato «L’angolo dello Sport». Per i modelli di questa linea «Sport e Viaggio», più facili da confezionare e produrre, le sarte “première d’atelier” ricevono una gratifica meno generosa rispetto a quella riservata alla linea principale di alta moda. In effetti, Jean Patou versa un bonus alle sarte “première d’atelier” di alta moda ad ogni prova dei loro modelli, in aggiunta al loro stipendio fisso. Così, nel 1931, 10 franchi di differenza separano il reparto di sartoria dal reparto «Sport e Viaggio». La minore importanza della gratifica di quest’ultimo reparto dipende dal prezzo di vendita inferiore dei suoi articoli e dal minore tempo di lavorazione necessario23. Quindi, questa linea sportswear somiglia per molti aspetti al prêt-à-porter che si svilupperà nella seconda metà del XX secolo.
Per le traversate, occorre un abbigliamento per praticare i diversi e molteplici sport previsti a bordo. Ad esempio, sul transatlantico France, entrato in servizio nel 1912 e che navigherà sulla rotta Le Havre-New York fino al 1932, a disposizione dei croceristi c’è una sala di meccanoterapia (antesignana della palestra di fitness): «vi si può praticare, meccanicamente, l’equitazione, il ciclismo, e persino andare in cammello. L’impianto è dotato di estensori per le braccia e un apparecchio vogatore24, “si legge nell’opuscolo del transatlantico pubblicato nel 1912. Accanto a questa sala «si accede a quella di idroterapia, fornita di attrezzature tra le più moderne: docce a cerchio, a getto, a pioggia, massaggio sotto l’acqua; a seguire vi è la sala massaggi con uno specialista a disposizione, e infine la sala relax25. “Alcuni giochi permettono ai passeggeri di tenersi occupati durante le traversate, come «il croquet e il gioco del barile26. “A bordo del Normandie, sul ponte aperto superiore, un campo da tennis a grandezza naturale e uno di shuffle-board, un gioco immancabile a bordo, sono situati tra la seconda e la terza ciminiera. Senza dimenticare la piscina interna di prima classe da cui si accede direttamente a un bar e a una sala di ginnastica.
Il completo etico dei croceristi
Negli anni ‘30 le tenute specificamente dedicate alla vita di bordo si generalizzano. Nel 1934, l’espressione «completo da crociera» appare sui giornali. «La moda si è infatuata di una nuova attività: ha creato i completi da crociera. Esistevano già i completi da villeggiatura, estivi, da spiaggia. Ma la crociera che rappresenta una villeggiatura estiva non vuole essere confusa con l’eleganza del litorale27 “si legge nel Le Temps del 1934. Si fa quindi una distinzione tra le mise da spiaggia e il codice d’abbigliamento riservato ai croceristi. «Le Azzorre rifiutano di accettare le tenute della Riviera», precisa l’autrice di questo articolo intitolato «In mare aperto» che deride questa «discriminazione eccessivamente sottile che esiste tra il completo da crociera e il costume da bagno per il mare». E si chiede: «Ma allora in che consistono i completi da crociera? Ah! Questo è molto importante. Per capire bene, bisogna aver letto Les Frères de la côte […]. Bisogna avere una fotografia di Dolorès del Rio, reminiscenze di Ombre bianche28, il rispetto dell’infinito, e conoscere bene la biografia di Conrad». «Un certo modo di fissare il mare aperto», «una superiorità nel modo di sedersi al bar», «un gusto alquanto moderato del viaggio per non rinunciare a niente di ciò che caratterizza l’esistenza a terra29. «Molto più che la ratina blu e la flanella bianca, i berretti e i cappellini con visiera, i pigiami in jersey lavorato a maglia, ecco il vero ensemble etico della terrestre che ha voglia di navigare30», ironizza l’autrice. Così, si capisce che il completo da crociera è innanzitutto una questione di atteggiamento, di posizione sociale.
Corredo da viaggio
L’espressione «corredo per partire in crociera»31 è in voga sulle riviste femminili, e gli articoli pullulano di consigli su come prepararlo. Gli stilisti creano completi destinati al viaggio, al sole o alla spiaggia accanto o all’interno di collezioni inter-stagionali o di mezza stagione che si sviluppano rapidamente. Negli anni ‘30, il calendario della moda è ben riempito. Alcuni creatori come Hélène Yrande32 organizzano le loro linee estive in diverse collezioni accompagnate da una presentazione ufficiale.
Opuscolo pubblicitario in portoghese per L’Atlantique, anni 1930.
«Strada principale. Sala principale della nave.»
Collezione Kharbine-Tapabor.
La vita a bordo, offrendo molto tempo libero, permette di cambiarsi d’abito più volte al giorno. Si inizia la mattina con il costume da bagno sui transatlantici con piscina, gli short per la passeggiata sul ponte superiore o per prendere il sole sulle sedie a sdraio. Le signore eleganti possono anche farsi tentare dal paletot in jersey con o senza maniche, abbinato al costume. Un’altra alternativa è il pareo33 che diventa il marchio di fabbrica di Jacques Heim. Paule Valence, invece, abbina i suoi short lavorati a maglia con plaid drappeggiati sulla spalla che «non mancano certo di spavalderia»34. I costumi sono realizzati in lana intrecciata con il lastex, per aderire al corpo come una guaina (Véra Boréa e Occulta realizzano persino dei costumi in taffettà e raso gommati). Al pigiama si abbinano bluse in jersey di seta, maglie in lana o cotone, a seconda della temperatura, e anche accessori divertenti come cravatte, cinture, foulard dai colori vivaci. Accanto ai pigiami e agli short, i pagliaccetti come quelli delle bambine seducono molte donne. Elsa Schiaparelli li confeziona in tessuti di cotone stampati. Si portano grandi cappelli da sole che proteggono il viso, il collo e le spalle. Poi, per il pranzo, si indossa il vestitino estivo in tela di seta (firmato ad esempio Rodier). «Più tardi, è l’ora del vestito per la cena – che spesso è un abito da gran sera! … Perché sui transatlantici francesi, tre o quattro volte a settimana, si danza!...».34
Il boom delle valigerie
Non c’è niente di sorprendente quindi nel fatto che il mercato dei bauli e delle valigie spopoli. «Non fate l’errore di portare con voi bagagli fuori moda che rischiano di rovinare la vostra graziosa toilette da viaggio. Le sellerie e gli specialisti espongono in questo momento, nelle loro vetrine, nuovi articoli pratici ed eleganti, bagagli poco ingombranti che si adattano a qualsiasi tipo di viaggio», si può leggere su Femme de France nel 193735. Lo sviluppo delle crociere spinge le valigerie a realizzare bagagli adatti alla vita in cabina. Il baule armadio creato intorno al 1875 diventa molto presto un elemento indispensabile per le lunghe traversate: imponente, alto oltre 1,80 m, con cassetti e appendiabiti. Ogni valigeria propone il suo modello rivestito da una tela impermeabile, con la firma della Maison: Goyard, Louis Vuitton, Maison Bernard… Una coppia porterà con sé una quindicina di bauli per attraversare l’Atlantico. All’inizio del secolo, i bauli sono talmente numerosi e pesanti che vengono sollevati a bordo dei transatlantici con le gru36.
L’art de vivre francese
A bordo del Normandie (La Transat) si instaura l’arte di vivere alla francese. Inaugurato il 29 ottobre 1932 davanti a una folla di 200.000 persone, in presenza del presidente della Repubblica Albert Lebrun, ed entrato in servizio nel 1935, il transatlantico è lungo 313 m e largo 37 m37. Per far fronte alla concorrenza inglese della White Star e della Cunard Line, è necessario differenziarsi. Si punta quindi sulla qualità del servizio e lo splendore della decorazione per attirare la clientela e fidelizzarla. La corsa alla raffinatezza e alla qualità del servizio darà vita ai «palazzi galleggianti». Il Normandie conta dodici ponti e cinque piani di cabine ripartite sui due lati della grande sala da pranzo centrale, “capolavoro” dell’Art Déco. Oltre quaranta decoratori hanno lavorato sul transatlantico. Tutto deve essere straordinario: la sala da pranzo alta tre ponti, la sala di lettura decorata con pitture animaliste di Paul Jouve, il fumoir ornato di lacche di Jean Dunand, la sala da bridge, il teatro e persino una sala fitness. Gli appartamenti di lusso sono arredati con mobili in legno di sicomoro, palissandro Rio e mogano cubano verniciato38. Il transatlantico poteva trasportare 930 passeggeri in prima classe, 680 in classe turistica e 590 in 3a classe39. Vi erano circa 1.300 membri d’equipaggio, di cui 187 cuochi, 9 parrucchieri, 16 musicisti ma anche sommelier, baristi, panettieri, pasticceri, camerieri, fattorini, capo camerieri, infermieri, medici, istruttori di golf e di nuoto…40! Il viaggio durava in media da 5 a 6 giorni e il personale di bordo doveva fare in modo che i passeggeri non si annoiassero.
Croceristi parigini
Collezione Modes pratiques.
Sport e attività ricreative
I passeggeri sono attratti da passatempi leggeri. Le attività esterne non mancano a condizione che il tempo lo permetta. Ai tradizionali giochi sul ponte come lo shuffle-board o il deck tennis, si possono aggiungere il tiro al piccione e il nuoto (il Normandie ha due piscine e la più grande misura 25 m.)41, senza dimenticare il relax sui famosi “transat” (sedie a sdraio). All’interno, i commissari di bordo propongono concerti, tornei di bridge e proiezioni di film. Alcuni passeggeri preferiscono frequentare la biblioteca o le boutique. Il Normandie è dotato di tre luoghi dedicati al culto: la cappella di prima classe, quella di classe turistica e anche una sinagoga. Al colmo del lusso, la Transat non dimenticava gli animali di compagnia: un canile era a loro disposizione, mentre uno staff dedicato provvedeva alle loro passeggiate quotidiane e si assicurava che gli fosse preparato un menù speciale dai cuochi di bordo42.
Balli, serate in maschera, mondanità e stratificazione sociale
A bordo si organizzano balli mascherati, un modo eccellente per far divertire la clientela. Sulla nave vi sono persino negozi di costumi. Toreri, principesse di paesi lontani, capi indiani, gitane, pipistrelli43: le idee sui costumi non mancano e i truccatori a bordo sono lì per dare una mano. Gli spettacoli di ogni sorta si moltiplicano. A bordo di La Lorraine44, gli show di Stacia Napierkowska, ballerina di 22 anni immortalata su un dipinto di Francis Picabia, attirano l’attenzione dei curiosi.
Le cene di gala45 e i balli tradizionali sono dei grandi momenti della vita a bordo. Gli stilisti immaginano mise speciali, al ritmo delle serate organizzate sui transatlantici: Jean Patou lavora con particolare maestria l’organza, Edward Molyneux e Madeleine Vionnet pieghettano, goffrano, increspano la mussolina per farne dei vestiti. Gabrielle Chanel raccomanda sempre il merletto e il tulle per i vestiti, le cui gonne immense e corpetti attillati trasformano le donne in corolle di fiori. Jeanne Lanvin e Lucien Lelong utilizzano il tulle e Jacques Heim si specializza nei tailleur da sera in cotone. La sala da pranzo di prima classe del Normandie è un luogo per mettersi in mostra: le donne fanno a gara di eleganza e sfoggiano il loro exploit sociale. Bisogna vedere ed essere visti. È un luogo di incontro tra viaggiatori che appartengono all’alta società, utile per allargare le proprie relazioni e centri di interesse. Si aspetta con impazienza l’arrivo del capitano e delle celebrità che avranno l’onore di sedersi al suo tavolo. Nel 1935, per la prima traversata del Normandie, tra le personalità a bordo vi erano Blaise Cendrars, Colette, Marguerite Lebrun, moglie del presidente della Repubblica francese e il maharajah di Kapurthala. Il France sarà il transatlantico più mondano (dal 1962 al 1974). Salvador Dali, Louis de Funès, Alfred Hitchcock, Marlene Dietrich: questa ship society ha ampiamente contribuito a creare la leggenda del celebre transatlantico. E poiché la mondanità comporta obblighi, prima di imbarcare si pubblica sempre la lista dei passeggeri.
I giornali hanno inviato degli scrittori famosi per raccontare la traversata. Così, il quotidiano Le Journal ha incaricato Colette e Paris-Soir ha scelto Blaise Cendrars per fare la cronaca del viaggio. Roger Schall, fotografo parigino molto conosciuto per i suoi reportage e le sue fotografie di moda immortala l’evento. Blaise Cendrars sceglie di soggiornare in una cabina di seconda classe e trascorre gran parte della traversata nella sala macchine. Colette descrive i dettagli lussuosi della vita di bordo.
Non tutti possono permettersi di viaggiare in prima classe. All’inizio del 1912, Gabrielle Buffet e Francis Picabia si imbarcano a bordo del transatlantico La Lorraine. Nel 1911, Gabrielle si era recata negli uffici di La Transat, al 6 di rue Auber, nel quartiere dell’Opéra. «L’ufficio vendite è uno splendido esempio di modernità, i manifesti sono all’avanguardia, le pubblicità mostrano i grattacieli di Manhattan e gli opuscoli vantano il fasto delle linee da crociera»46. Ma i prezzi sono esorbitanti per la coppia di artisti. La traversata di sei giorni corrisponde a un anno intero di affitto! Ripiegano allora sulla “cabina di terza classe”, una sistemazione intermedia tra la seconda e la terza classe, riservata ai migranti. La coppia farà quindi il viaggio lontano dalle persone facoltose poiché non ha accesso né alla prima né alla seconda classe. La vita a bordo dei transatlantici è stratificata in classi sociali a compartimenti stagni. Nel 1934, sul transatlantico Île-de-France, Marlene Dietrich, che viaggiava in prima classe e Ernest Hemingway, passeggero di seconda, fanno conoscenza. Lo scrittore si è introdotto in prima classe con uno smoking preso in prestito e ha invitato l’attrice al suo tavolo47.
La gastronomia e il servizio francese rappresentano un vantaggio nei confronti della concorrenza: la Compagnie Générale Transatlantique si distingue dai suoi rivali grazie al servizio e alla cucina tipicamente francesi offerti sulle sue navi. Un mostro come il transatlantico Normandie fagocita incredibili quantità di cibo per un viaggio di andata e ritorno: 5.500 kg di pollame e selvaggina, 5.500 kg di pesce, 900 kg di formaggio, 33.500 kg di verdure fresche, 65.300 uova, 80.000 kg di gelato, 30.000 litri di vino da tavola. Mangiare è una delle attività principali della traversata. Buffet, merende, spuntini, serviti in sala o sul ponte, si aggiungono ai tre pasti quotidiani. La cena è fissata alle 19:30 nella sala da pranzo (più lunga della Galerie des Glaces a Versailles) dove si celebra la grande cucina francese: filetti di sogliola allo champagne, crema Reine Margot, trota salmonata al burro di Nantes ecc. I piaceri della tavola raggiungono il loro apogeo durante la cena di gala che si tiene la sera prima dell’arrivo. Il caviale è sormontato da una scultura di ghiaccio, realizzata ogni giorno dall’addetto alle statue.
CAMBIO DI STAGIONE
A caccia di abbronzatura
A bordo, il tempo sembra sospeso. Le sedie a sdraio nel solarium sono prese d’assalto. I nuovi pigiami «interi hanno un’ampia scollatura per lasciare la schiena, le braccia e le spalle scoperte sotto il sole48.” Nel 1926, Jean Patou lancia l’huile de Chaldée, un olio abbronzante. Con lui, «l’abbronzatura fa il suo ingresso attraverso la grande porta di una marca d’élite tra gli attributi di bellezza delle classi sociali superiori49». Siamo in pieno «edonismo del dopoguerra», sottolinea Pascal Ory nel suo libro «L’invention du bronzage» (L’invenzione dell’abbronzatura). Il dizionario Larousse accetta nel 1928 il termine «abbronzare»50. Gabrielle Chanel dà l’esempio esponendosi al sole. All’inizio degli anni ‘20, dopo una crociera al largo di Cannes a bordo dello yacht del duca di Westminster, Chanel ritorna a Parigi con un’abbronzatura armoniosa. Si fa in modo che «il costume da bagno abbia la stessa scollatura dei vestiti da sera, altrimenti una donna elegante sarebbe costretta, durante i mesi autunnali, a mostrarsi ai balli o alle cene con la schiena per due terzi color cioccolato e per un terzo bianco diafano»51. Si è prodotta un’inversione di tendenza: finora le signore eleganti dovevano proteggersi dal sole. La pelle bianca era il privilegio delle donne che non lavoravano nei campi. Ora invece, tornare abbronzata da una crociera significa esporre il proprio modo di vivere, mostrare che si ha tempo e denaro per cercare il sole in inverno: il colorito abbronzato viene esibito come un trofeo52. Nel 1929, Jean Patou afferma: «La vita all’aria aperta e abbronzarsi fanno ormai parte della routine della vita moderna».53
Croceristi parigini
Collezione Modes pratiques.
In inverno, si consigliano le crociere al sole, in direzione delle Antille o dell’America centrale. E le agenzie di turismo si sviluppano rapidamente. Nel 1908, La Revue moderne des arts et de la vie vanta i meriti della società di MM. Le Bourgeois et Cie che organizza dalla A alla Z viaggi in Oriente, Egitto, Palestina e Galilea54.
A bordo, in inverno
Partire per le regioni polari in estate e al sole in inverno: questa è la promessa delle crociere. E le pubblicità sono molto allettanti: «Perché non fare come tanti altri una crociera al sole nel Mediterraneo durante l’inverno? Periodo di riposo – Meraviglie da scoprire – Soddisfazione garantita – Vacanze impareggiabili».55 Obiettivo: sfuggire alla quotidianità. «Le crociere con il loro comfort di lusso, gli spettacoli sempre diversi, la dolce e tranquilla organizzazione delle giornate, sono uno dei soli rimedi che il Progresso ha trovato per correggere l’asprezza delle altre sue scoperte57». I manifesti navali immaginati da artisti come ad esempio Adolphe Mouron Cassandre56, Albert Sebille, Sandy-Hook, Albert Brenet oppure Mathurin Méheut sono dei ve ri e propri inviti al viaggio. La creatività di questi artisti era incoraggiata dagli ordini delle compagnie marittime, interessate ad attirare una clientela sempre più numerosa. Perciò i manifesti pubblicitari hanno pienamente partecipato alla legenda delle linee francesi.
Croceristi parigini
Collezione Modes pratiques.
Ma a partire dagli anni trenta, si assiste a un secondo capovolgimento delle stagioni: La Transat inserisce l’isola di Spitsbergen nel suo catalogo57. Nel 1931, la compagnia organizza crociere estive verso le regioni polari a bordo del transatlantico Cuba. Il turismo verso l’Artico58 è a quel tempo il massimo dell’eleganza. Finora La Transat si è costruita una buona reputazione assicurando il trasporto di passeggeri verso gli Stati Uniti. Mentre la proposta turistica verso il Grande Nord rientra nel piano di rilancio e di diversificazione della compagnia. che dal 1931 sta affrontando gravi difficoltà economiche. D’altronde, La Transat sa bene che il rapido sviluppo dell’aviazione metterà in secondo piano le sue traversate atlantiche: inserire l’artico tra le sue destinazioni e un modo per opporre resistenza a questa nuova forma di concorrenza.
«Ora andiamo al polo come altri vanno a Fontainebleau, risaliamo fino a Capo Nord, visitiamo i geyser in Islanda, e coloro che un tempo si esercitavano a uncinare la trota, ora si divertono a vedere la caccia alla balena»59, si può leggere in un articolo di Femina del 1932 intitolato «L’estate a Spitsbergen». Il viaggio a bordo del Colombie ad esempio, la nave di La Transat che arriva fino a Spitsbergen, accompagna i croceristi attraverso tutti i loro ricordi di lettura, «tutte le emozioni dei (loro) cervelli60. Il desiderio per le regioni polari si è costruito a poco a poco nell’immaginario collettivo a partire dal XIX secolo61. Una letteratura abbondante e varia partecipa a questo processo. Jules Verne, tra gli altri, pubblica diversi racconti a sfondo polare: Viaggio al centro della terra, Le avventure del capitano Hatteras, La sfinge dei ghiacci… Così, le regioni glaciali non restano solo alla portata di scienziati o militari ma anche del grande pubblico. Si assiste alla propaganda di un «gusto polare». Nelle riviste, tutto è orchestrato per far sognare il lettore: «La nave non si ferma fino a quando, circondata interamente dai ghiacci, non potrà più navigare oltre. Allora davanti a voi ci sarà solo la bianca distesa a separarvi dal polo».62 Parole esagerate poiché in realtà la nave si ferma a Magdalena Bay, ovvero a oltre 1.000 km dal polo63. Questi viaggi permettono inoltre di far accettare alla popolazione francese le politiche scientifiche ma anche geostrategiche che il paese porta avanti in queste terre di ghiaccio64. Resta comunque il fatto che rimangono il privilegio di un’élite sociale.
Per proteggersi dal freddo, le signore eleganti indossano pellicce Max o Revillon Frères, indumenti di lana arricchiti con lunghi pannelli di pantera firmati Madeleine Vionnet e cappe in astrakan di Weil. I berretti estivi vengono sostituiti da toque ornate di pelliccia di volpe della casa di moda Schiaparelli. Nel 1935 vanno di moda l’astrakan, la lontra di Hudson e la volpe argentata65. La pelliccia viene inoltre utilizzata per diversi accessori come manicotti e guanti di pelliccia. I modelli in tessuto whipcord o corkscrew permettono di resistere al freddo.
Cadute in disuso negli anni ‘50, contemporaneamente allo sviluppo del trasporto aereo, queste collezioni riservate al viaggio ritorneranno in voga solo molti decenni dopo. Sin dalla sua nomina a capo della direzione artistica della maison Chanel nel 1983, Karl Lagerfeld presenta alla fine della primavera, dopo il prêt-à-porter, modelli che preannunciano l’estate. A riprova del suo successo le «sfilate crociera», come vennero battezzate a quel tempo, sono organizzate ogni anno a partire dal 2000. Il concetto si estende progressivamente a tutta l’industria della moda.
IL LUSSO PRENDE IL LARGO
Quasi un secolo dopo la loro apparizione, le «collezioni crociera» si moltiplicano. Nel 2017 Prada ha lanciato per la primissima volta la sua «cruise collection». Per presentare queste collezioni, le case di lusso attraversano in lungo e in largo il pianeta: a maggio 2017, Dior si reca nella riserva naturale di Santa Monica in California, mentre Louis Vuitton vola a Kyoto. Questi decentramenti fanno parte di un movimento più grande che contesta il format delle quattro fashion week principali: eccessiva risonanza mediatica, acquirenti e giornalisti annoiati, profusione di scenografie diventate più importanti dei vestiti stessi, diluizione delle tendenze. Con scenografie eccezionali (il budget di una sfilata crociera di una grande marca di lusso può raggiungere i 10 milioni di euro, rispetto ai 3-5 milioni di euro di una sfilata classica), località “esotiche” e centinaia di invitati selezionati con cura, le sfilate crociera attirano i radar della stampa. Per l’amministratore delegato di Louis Vuitton, Michael Burke, la collezione crociera è «la più importante dal punto di vista economico e strategico66. «Le sfilate crociera rappresentano anche un gradito gesto strategico per ringraziare una clientela internazionale. Il fatto di presentare una collezione in un paese che conta un certo numero di acquirenti di haute couture può essere anche un modo eccellente per una maison di esprimere la sua gratitudine e il suo attaccamento alla sua base locale67» si legge nel L’Officiel. In un contesto globale, le sfilate crociera permettono alle marche di allargare il loro pubblico su scala mondiale.
Croceristi parigini
Collezione Modes pratiques.
Il business delle «collezioni crociera» non è una novità. Nel 1927, Jeanne Lanvin apre sette succursali, da Barcellona a Buenos Aires68, per ripartire le sue collezioni dedicate al viaggio. Il 9 febbraio 1925, Jean Patou compra all’asta, per poco più di un milione di franchi, l’ex-municipio di Biarritz. Questa boutique resterà aperta tutto l’anno al contrario delle succursali di Deauville, Monte-Carlo, Cannes o Venezia (che sono solo effimere crisalidi della casa madre)69. Nel 1948, Christian Dior si installa negli Stati Uniti e ufficializza la nascita di questa attività con la sua collezione «Resort & Spring», un abbigliamento dai colori e tessuti estivi che accompagna le ricche americane, prime consumatrici di questo lusso da viaggio, nelle loro vacanze al sole. «Se viaggiate spesso, avete bisogno di vestiti speciali che siano leggeri, poco ingombranti e che non si sgualciscano troppo», spiega Christian Dior nel suo Petit Dictionnaire de la mode. Più tardi, nel 1957, lo stilista presenta la sua linea di costumi da bagno, disegnati nel suo appartamento di Parigi e confezionati a Los Angeles, in partenariato con la marca Cole of California, famosa per i suoi costumi dalle linee moderne. Composta da una quindicina di modelli, chiamati Liberté o Caprice, la collezione è un omaggio alla dolcezza della vita californiana. Dopo la Seconda guerra mondiale (a parte Christian Dior), i vestiti da crociera cadono progressivamente in disuso. Nel 1956, su Vogue, si può persino leggere: «nessuno pensa più a mettere insieme un abbigliamento particolare per partire in crociera. Al contrario, si cerca di scegliere una serie di vestiti perfettamente adatti a tale tipo di viaggio ma utilizzabili anche in altre circostanze e durante tutto l’anno»70.
Il viaggio: un valore rifugio
Oggi, l’espressione «collezione crociera» ha perso la sua accezione storica letterale: vestiti per andare in viaggio a bordo di transatlantici; ma le case di moda cercano di vendere tutto un mondo immaginario fatto di evasione. Il viaggio appare come un valore rifugio, il nomadismo diventa un modo di vivere. L’espressione «collezione crociera» appare nel lessico delle maison francesi solo negli anni ‘90, seguita da «sfilate crociera» agli inizi degli anni 2000. Nel 1995, Karl Lagerfeld firma la sua prima collezione crociera per Chanel. Nel 1997, il Journal du Textile si fa portavoce di questo gusto improvviso della moda per le crociere: «Segno dello sviluppo di questo tipo di intrattenimento o dell’invecchiamento della popolazione? Le collezioni “crociera” hanno il vento in poppa. […] John Galliano, anche lui colpito dal virus, presenterà una collezione su questo tema in occasione delle sfilate di alta moda. Distinta dal prêt-à-porter presentato a ottobre ma nella stessa fascia di prezzo, questa “pre-collezione” sarà commercializzata nei negozi a partire da novembre»71. Oggi sono queste le collezioni che restano più a lungo nelle boutique, da novembre a maggio. I modelli da crociera servono soprattutto a prolungare il desiderio di acquisto. Pre-collezioni, collezioni crociera, saloni, settimane della moda, collezioni capsule ed eventi speciali: i calendari internazionali della moda oggi sembrano sull’orlo della saturazione e il concetto di stagionalità in via di estinzione.
Le sfilate crociera sono diventate degli eventi giganteschi. Le case di moda parigine sono le prime ad aver trasformato queste collezioni in eventi-spettacolo. La maison Chanel fa da pioniere: dal 2002 invita i suoi ospiti a uno show itinerante attraverso il mondo, da Singapore a New York, passando per L’Avana dove le indossatrici nel 2016 sfilano per le strade della città72. La prima sfilata crociera di Dior è organizzata a maggio 2005 a New York, nella torre LVMH di Manhattan: sono invitati 200 acquirenti e giornalisti della stampa locale. Nel 2014, la Maison francese organizza di nuovo la sua sfilata crociera a New York ma questa volta invita 950 giornalisti e acquirenti, sottolineando così il successo della sua attività. Nel 2014, Louis Vuitton entra in gioco presentando la sua collezione crociera a Monaco. E nel 2016 la marca si installa nel museo di arte contemporanea di Rio, progettato da Oscar Niemeyer. Queste collezioni sono sempre presentate in esclusiva ai clienti VIP e alla stampa internazionale in uno scenario eccezionale. Così, ogni stagione, la maison Chanel sceglie un luogo diverso per le sue sfilate: sui bordi della piscina dell’Hotel Raleigh a Miami nel 2008, sulla spiaggia del Lido di Venezia nel 2009, a Singapore nel 2013, su un’isola a largo di Dubai, con una scenografia ispirata a Mille e una notte nel 2014, sul Paseo del Prado, il grande viale di L’Avana nel 2016. Dior si sposta dal Palais des bulles di Théoule-sur-Mer (2015) a Kyoto (2017), passando per la biblioteca del palazzo di Blenheim nel Regno Unito (2016). «Nella maggioranza dei casi, salvo per una manciata di giornalisti che si fanno ancora finanziare il viaggio dalla loro rivista, è la marca che paga le spese di trasferta del suo gruppo di invitati selezionati con cura. Si tratta in generale di un tour culturale costellato da visite ai musei e da cene e serate nei più sontuosi locali: la sfilata crociera rappresenta al contempo il pezzo forte e il gran finale73, “si legge nel L’Officiel. Un’offerta maggiore che mira solo a un ristretto gruppo di privilegiati, un modo per dimostrare che la moda è democratica solo in apparenza. Probabilmente, è da qui che nasce il legame con le linee di abbigliamento specializzate di inizio secolo: una storia di privilegiati.
A maggio 2018, in occasione della sua sfilata74 crociera 2019, Chanel ha ricostituito un transatlantico a grandezza naturale sotto la navata del Grand Palais a Parigi davanti a una platea di 962 invitati75. Le modelle sfilano indossando baschi, vestiti leggeri stampati con rose dei venti e cappotti ricamati con fili multicolore che svolazzano, sottile allusione alle stelle filanti che si lanciavano sulla banchina al momento della partenza. Una mise en abyme stilistica: una collezione crociera sulla crociera. Karl Lagerfeld rende direttamente omaggio alle radici storiche delle collezioni crociera, riabilitando il loro significato e spirito originali persino nel design stesso dei vestiti, caratterizzati da riferimenti ai corredi da viaggio di inizio secolo, che le signore eleganti preparavano per andare in crociera. Un modo di ritornare alle origini della moda, di accettarne la sua eredità. Più di un secolo dopo, le collezioni crociera non hanno mai portato meglio il loro nome.